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Il Lusso e il Valore: questi due estranei!

Io i miei figli al bioparco, che un modo più dignitoso di dire zoo, ce li porto; e se trovo uno scarafaggio in casa il primo istinto che ho è di eliminarlo.

Mi piace mangiare. E bere. E godere della tavola e dei suoi gusti. Mi piace cucinare e mi piace assaporare. Nutrire il corpo e l’anima mentre mangio.

E infine faccio la consulente di stile. Perché per una vita mi hanno fatto credere che l’amore per il bello e la cura di sé fosse roba vanesia da schiavi dell’immagine. Niente a che vedere col rispetto, l’identità, la creatività, le possibilità di migliorare. E io, invece, ho scoperto che non è così.

Insomma non sono un’animalista, non sono vegana, non sono completamente convinta che l’abito non faccia il monaco.

Quindi mi sono risolta a pensare che la repulsione, e la delusione, e il rammarico che ho provato guardando la puntata di Report sui retroscena dell’industria del lusso, non abbiano niente a che vedere con le convinzioni idealiste a tinte forti del mondo diviso in buoni e cattivi.

Ma con un sano, semplice, solido, buon senso.

 

Sì il foi gras l’ho assaggiato, più volte, però adesso non mi viene più di mangiarlo.

E no, il Moncler non ce l’ho, un po’ perché non mi piace andare in giro vestita da omino della Michelin, un po’ perché mi è sempre parso assurdo che avrei pure dovuto pagare quanto un week end lungo a Parigi se mai avessi deciso di farlo.

Però sogno di ricevere una Birkin per il mio quarantesimo compleanno, con i contributi di tutti gli invitati ad una wish list che costa 6 volte un Moncler, quindi, come dire, in fatto di costo-beneficio quando si parla di superfluo, non sposo a priori un approccio razionalista.

Eppure adesso non posso non chiedermi se veramente certi apicali dell’industria della moda abbiano un basico problema di dissociazione dalla realtà, magari misto a megalomania e bipolarismo, insomma una cosa facile da diagnosticare con una buona terapia d’analisi, o più semplicemente siano convinti di avere a che fare con una massa di imbecilli, a q.i. pressoché zero, capaci di bersi (e anche mangiarsi e comprarsi evidentemente) qualsiasi fregnaccia venga servita loro, in una specie di limbo dove tutto è permesso tanto non esiste senso alcuno della giustizia, della responsabilità e della morale.

Cioè a me veramente ciò che più fa rabbrividire di questa storia non sono le scene raccapriccianti e sadiche dello spennamento al vivo delle oche, chè se ci stacchiamo un pelo superfluo noi saltiamo come molle intonando la lirica; quelle delle piaghe lasciate alla putrefazione, noi che con un’abrasione chiediamo un permesso dal lavoro; o della tortura dell’ingrassamento forzato delle anatre. Magari su ispirazione potremmo suggerire agli ospedali di risparmiare in tranquillanti e procedere a gastroscopie a secco con i tubi a disposizione in stanza, che ne sò quelli idraulici.

 

No a me quello che annienta, tanto da annichilire la rabbia e trasformarla in silenzio inerte è la faccia ebete di Remo Ruffini mentre dichiara che a lui il made in Italy non interessa.

Come se fosse una questione marginale, un hobby per perditempo che solo gli inconcludenti quindi si possono permettere. Che ne so, tipo le corse dei cavalli, oppure il cricket.

‘No sai scusa, è che a me l’ippica non interessa, mi occupo d’altro’.

E badate bene. Lo dichiara mentre al tempo stesso posa sul piatto della bilancia dichiarazioni di un certo peso.

A me il made in Italy non interessa….perché a me interessa produrre VALORE, prendo le migliori materie prime, i migliori prodotti e poi li faccio assemblare a 6 ore massimo dal quartier generale di Trebaseleghe!

Ma io dico.

Ma che significa?

No davvero, ma che significa nel senso letterale del termine.

Cosa vuol dire?

Il made in Italy non gli interessa PERCHE’ TANTO GARANTISCE LA CATENA DEL VALORE DEL DIETRO L’ANGOLO?

E quindi ti interessa alla fine?

Non mi è chiaro scusa.

E’ come dire ‘no a me la gazzetta non mi interessa perchè ho giocato al fantacalcio’.

Ma dico, puzzi di coda di paglia che ti sentirebbe uno con la sinusite cronica.

Sua eminenza Moncler, genio del riposizionamento e della creazione di lovemark, vaneggia in un lungo e largo per l’Italia invitando niente di meno che il capo del governo a imparare ‘da lui a creare valore’.

Il valore.

Bisognerebbe andare in chiesa a confessarsi prima di pronunciarla questa parola perché lavarsi la bocca per alcuni non basta, e le mani purtroppo, si sono sporcate troppo.

Il valore: che in matematica magicamente trasforma un Costo di qualche decina di euro, in un Profitto da migliaia, grazie a una serie di percezioni in aggiunta (valore AGGIUNTO appunto) che hanno a che fare con l’immagine, la storia, il simbolo, il desiderio, la comunicazione.

Forse Remo Ruffini il giorno che al corso di marketing della CEPU toccavano l’argomento era ammalato a casa. Per un’abrasione al mignolo sinistro ben curata da mercurio cromo, coperte, lattuccio caldo e riposo assoluto mi raccomando. Mica vogliamo che la ferita vada in putrefazione, non sia mai.

Peccato. Perché gli avrebbero spiegato questa magica catena di addendi. Che ti permette di partire da un prodotto ad un prezzo di realizzazione relativamente limitato e posizionarlo sul mercato a tante volte tanto perché quel prodotto ha una storia da raccontare. E qualcuno, innamoratosi di quella storia, tanto di più è disposto a spendere.

Una storia di artigianato, di attenzione, di mani che lavorano ai dettagli, di cura. E per questo di irripetibile preziosità.

Una storia da grande azienda, che viene da lontano e realizza negli anni il sogno di un successo. E per questo fa pensare che chiunque possa farcela, fa pensare di arrivare. Fa pensare ai desideri che diventano realtà.

Una storia di immagine, di uomini ispirati e dediti che rilasciano interviste che tutti vedono e rivedono, perché marcano il tempo, depositano un segno, quello dell’autorevolezza e del prestigio. E per questo scatenano l’ambizione di essere come loro, eletti tra i pochi.

Il lussso signori miei.

Gli avrebbero spiegato il Lusso.

Invece lui era assente, e ha pensato di potersela cavare con i riassunti del compagno di classe.

Quello sbagliato evidentemente.

Perché ha messo su un’azienda, fregandosene del made in Italy, tanto lui, master in Valore presso le cascine Trebaseleghe, lui sì che ne sa di Immagine, di DNA, di Storia, di dettagli.

Lui ci racconta fregnacce su dove e come confezioni i suoi piumini direttamente in TV.

Lui se ne frega dello sviluppo delle fabbriche italiane, della tutela della tradizione e delle capacità di intere comunità.

Lui infanga con sangue putrido e puzzolente le piume con cui riempie i suoi piumini.

E il Valore è servito. Prego circa mille euro alla cassa.

 

Per finire l’idiozia che preferisco.

Il Twitter di Stefano Gabbana a poche ore dalla trasmissione.

Ha scritto una cosa come ‘Report rai 3 ma voi sapete cos’è il Lusso?!?’.

Anche lui un’assenteista a scuola evidentemente.

La lezione saltata?

Quella di analisi logica.

Cioè la televisione pubblica fa un servizio sulla boutade del Made in Italy, archetipo del Lusso nel mondo, svelando che ciò per cui molti fanno acquisti folli non è affatto confezionato secondo la tradizione del made in Italy, il made in Italy senza Italy insomma, come ha laconicamente sintetizzato Cuccinelli, e lui che scrive?

Che ne sanno a Report del Lusso.

E’ un po’ come se Hitler difronte alla corte marziale per olocausto esordisse in un arringa di difesa al suon di ‘ma che ne sapete voi del problema della sovrappopolazione in Germania?’.

Ma da quando il fine giustifica i mezzi scusate?

Ma poi soprattutto da quando l’industria del Lusso è diventato un fine tale da giustificare una tale vergogna?

Cioè ma questo sano ‘buon senso’ fatemi capire, salendo la scala del successo sociale va via via scemando?

Si viene infangati in diretta nazionale per azioni completamente amorali e cosa partorisce la reazione a caldo? Ma che ne sapete del mio lavoro?!?

No io dico, ma un po’ di pudore. Un pizzico di dignità.

Anche e soprattutto SE, si è convinti di poter controbattere e dimostrare che lo svergognamento sia stato menzognero.

Ma l’eleganza e la sobrietà di un silenzio stampa? O di una dichiarazione sul piano legale, dei fatti, delle risposte pertinenti?

No. Eleganza e sobrietà non pervenute. Assieme a dignità e pudore.

Tanto che c’entrano col Lusso vero?

Il Lusso, dottor Gabbana (perché lei è dottore vero?), lo conosce bene, ci lavora da anni, e non ha niente a che vedere con i suddetti VALORI: ma con l’eccesso; l’artefatto; l’aggressione; il soldo; l’arricchimento; il profitto; l’oligarchia; la deformazione; il troppo insomma.

 

Pensi, che io invece pensavo che il Lusso fosse l’esaltazione del bello.

Che avesse a che fare con cose BELLE. Da vedere, da desiderare, da conquistare.

L’immagine come simbolo di una sostanza, una sostanza bella.

Non come maschera, sotto cui celare lo sporco.

Me tapina, non ho capito assolutamente nulla.

Beh, la maschera è caduta.

E la facciata che c’è sotto è da accattoni; VALE poco più di 30 centesimi.

Quanto la paga a oca di uno spennatore a cottimo.

Non sono un’animalista ma ho una semplice domanda. Semplice. Di buon senso. A proposito dell’esaltazione del Bello.

Se le vostre famiglie guardassero quello che fate, direbbero che è Bello?

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