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C’è un posto a Roma che ha reinventato il concetto di Galleria d’Arte, e soprattutto, deo gratias, di Evento Artistico.
E’ un posto caldo, intimo, quasi sfacciato, che ti invita seducente ad entrare in empatia proprio dove ti aspetteresti, invece, un linguaggio strutturato, minimale, troppo aulico da essere alla tua portata, ermetico per definizione, arroccato e irraggiungibile per vizio.
Il linguaggio dei templi dell’Arte.
E’ la Dorothy Circus Gallery, immaginata e voluta da Alexandra Mazzanti, una donna che si fa fatica a non chiamare ragazza, eternamente sospesa nell’età indefinita di chi ha la freschezza nel cuore e nella mente, ma che quando la conosci ti sconvolge per la profondità delle cose che sente e che pensa e che, come tutte le grandi anime, poi riesce a realizzare.
Questo posto nasce nel 2007 come spazio dedicato al Surrealismo Pop e alle nuove frontiere delle arti figurative, in una tensione dialettica continua con i centri di produzione e condivisione artistica del mondo, ma francamente a me sembra tanto, tanto di più.
A me sembra che la cosa magnifica che la Dorothy Circus Gallery abbia fatto non abbia niente a che vedere con i nomi in esclusiva che è riuscita a portare per la prima volta in Italia, nè con quelli degli artisti italiani emergenti che è riuscita a far decollare all’estero, con il prestigio curatoriale che ha regalato ad alcune tra le più rinomate vetrine culturali italiane, né ancora con il suo abito onirico, di Paese delle Meraviglie nel cuore dell’urbe, che per una volta, anche se facesse il monaco, come dire, non ci dispiacerebbe affatto……
Io credo che il suo merito sia quello di aver coraggiosamente proposto una nuova declinazione di Arte.
L’Arte DI tutti. L’arte PER tutti.
L’Arte di tutti perché qui ti affacci in una casa, al caldo di abitudini, di storie, di idee e vite che si intrecciano e ti lasciano entrare senza bussare.
Qui non c’è il freddo del marmo bianco, la distanza delle teche, il silenzio dei cimiteri o la selezione all’ingresso di very important people.
Qui ti accolgono il legno per terra, le poltrone sparse nello spazio, il velluto rosso alle pareti.
Qui non devi essere invitato per esserci. Qui non servono titoli o biglietti da visita per essere curiosi.
Qui ti può succedere di non riconoscere la Galleria perché di volta in volta l’artista la veste per legarla alle sue opere, rigorosamente site specific, mescolando le carte in un apparente caos che in realtà è solo la palpitazione compulsiva della creatività, senza briglie.
Qui si partoriscono idee e si portano nel mondo come figli. Tenendole per mano e lasciandole camminare ai destini delle loro avventure.
E chiunque, chiunque, dalla strada, può entrare e partecipare a questo miracolo.
Se sarai fortunato incapperai in uno degli ‘Eventi’ Dorothy Circus Gallery. Un marchio di fabbrica ormai.
Con la musica che suona, magari composta ad hoc per l’esposizione o comunque scelta dalla playslit dell’autore.
Le degustazioni a tema per esaltare i significati e sentirli anche nella bocca scendere giù, oltre che nel cuore e nelle viscere.
E l’artista signore e signori. Si, si. Proprio lui. Non il suo ologramma, non la sua voce registrata in cuffia o sue riproduzioni firmate da comprare per rimpinguare le casse dei vari anelli di intermediazione della catena di vendita.
Qui di intermediari non ce ne sono.
Ci sei tu. E c’è lui. Il genitore dell’opera. Davanti a te. Che ti parla. Che ti spiega.
Si ti spiega. Perché comunicare d’arte non è un peccato.
Qui non ci si vergogna di chiedere cosa c’è dietro una simbologia perché non ce n’è bisogno.
Perché la simbologia ti viene offerta come cadeau di benvenuto dall’ospite di casa.
Non più l’arte a compartimenti stagni per addetti ai lavori o tuttologi patentati.
L’arte come esperienza multisensoriale.
L’arte che come verità, che non vuole altro che viaggiare, essere condivisa, toccare la gente e cambiare le cose…..cambiare le cose……
L’arte di tutti.
Degli emergenti che vengono a ispirarsi, degli affermati che vengono a riprodursi, di ogni uomo o donna comune che abbia voglia di una passeggiata nella bellezza tra un vicolo di Roma e un altro.
Di tutti.
Ma anche l’arte PER tutti.
Dedicata. Impegnata. Schierata. Al lavoro.
L’arte che dice cose scomode, che ti schiaffeggia, che denuncia.
L’arte finalmente come ESTETICA, filosofia dei sensi, conoscenza del bello in senso artistico e naturale, legata mani e piedi al giudizio morale e spirituale che sono necessari a chi sa, e per questo prende posizione.
E non più come ESTETISMO, culto dell’immagine nella sua percezione più superficiale.
‘L’arte E’ impegno, altrimenti è una scatola vuota, e l’artista si deve impegnare. Il nostro obiettivo è sempre e comunque sottolineare il bello e promuovere la vita, anche quando le opere attraverso cui parliamo sono forti e scioccanti. Il tema e’ solo un mezzo, per far riflettere: se si guarda la morte, è sempre per tornare alla vita’.
Alexandra Mazzanti non ha dubbi sulla missione della sua Galleria.
E neanche noi a guardare quello che è stato costruito in poco più di un lustro.
‘Yes We Can’, nel 2009, una collettiva ispirata dalla famosa frase di Barak Obama con i nomi più celebri del Pop Surrealismo contemporaneo e lo scopo benefico di raccogliere fondi per la cooperativa sociale ‘Il Colore del Grano’.
‘Green Blood’, nel 2012, il sangue come la clorifilla, nel cuore pulsante di una terra patrimonio vivente di ognuno; fondi raccolti per il sostegno del canile rifugio Aronne Onlus di Agrigento.
“Spray for Your Rights”, nel 2014, che ha visto protagonista prima lo street artist brasiliano Eduardo Kobra, che ha donato alla città di Roma lo splendido murales dedicato a Malala Yousafzai con l’obiettivo di trattare il tema dei diritti delle donne nel mondo; e a seguire l’artista belga ROA, autore della più grande opera di street art realizzata a Roma, con un riferimento al tema della biodiversità sul pianeta, in particolar modo al mondo animale, direttamente legato alla sua personale “Suovetaurilia”.
Parte del ricavato della vendita delle opere di ROA in mostra alla Dorothy Circus Gallery hanno sostenuto associazioni animaliste e il progetto “Cavalcando l’Autismo”, organizzato dall’associazione “L’emozione non ha Voce”, in cui undici ragazzi autistici hanno attraversato l’Umbria e il Chianti a cavallo dal 31 Agosto al 6 Settembre 2015.
A me non resta che respirare. Profondamente soddisfatta da tanta bellezza, da tanto impegno, da tanto buono.
E godermi le anticipazioni.
Come quella di questa magnifica immagine, “The Sporting Life” di Ray Caesar inedito che sarà esposto a dicembre presso la fiera Scope di Miami in occasione di Art Basel. Un’anteprima assoluta…
..o quella sulla prossima esposizione in programma per il 2015, del giapponese Takamatsu, il più venduto artista del pop surrealismo contemporaneo, già schieratosi a Miami con un’esposizione contro l’anoressia.
Duale e sconcertante come i temi che tratta: un personaggio sexy, leggero e coinvolgente che mette le mani in pasta nel dramma. Il dramma di un Giappone che accanto all’iconografia classica di paesaggi e poesia nasconde gli scottanti temi dei suicidi giovanili e dell’omologazione.
Per saperne di più?….segui il coniglio bianco Alice, quello della bellezza, quello di Dorothy, nel paese delle meraviglie di Roma!
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