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La sensazione che hai visitando San Pietroburgo, se sei un italiano, non riesci a metterla a fuoco se non quando stai per ripartire.
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La perla dell’arte e della cultura russa, la città sul fiume che ricorda le più europee Venezia e Amsterdam, la sede dell’Hermitage, la corte degli Zar, l’antica capitale dell’Impero, la seconda metropoli dello Stato e di certo il suo porto più grande.
Sì, Piter, come la chiamano informalmente i suoi abitanti, è tutto questo.
Eppure ad attraversarla, ammirarla, scrutarla passeggiando, rimane una nota stonata di fondo difficile da individuare, una parola non scritta a rompere il senso del racconto, quell’ultimo piccolissimo pezzettino di puzzle che sbiadisce il disegno compiuto.
La verità è che è una questione di genetica.
Se sei un italiano parti per il tuo viaggio nell’umanità con una dote spropositata, diciamocelo.
Sei talmente accerchiato di bellezza antica, di sfarzo, di testimonianze sublimi d’arte con secoli di incontrastata monumentalità alle spalle che, come dire, metti piede nel mondo con un palato molto esigente.
L’altra faccia di questa medaglia è che dai per scontate molte cose.
La responsabilità del rispetto e della conservazione ad esempio.
Ma anche quella verso l’eredità futura che un tale patrimonio esige.
Ecco, in molte parti del mondo ci sono formiche e non cicale come noi.
Le risorse ricevute sono limitate nel tempo o nella quantità e tipologia.
Di esse se ne fa tesoro, si venerano, tutelano e coccolano, e soprattutto ci si da un gran da fare per continuare a lasciare un retaggio onorevole.
Eccola la sinfonia, il senso, il puzzle compiuto.
San Pietroburgo è una città con la stessa popolazione di Roma oggi ma con circa 2,500 anni di differenza d’età !
Fondata nel 1703 la prima, nel 753 a.c. la seconda.
Ed è chiaro che senti che ‘ti manchi un pezzo’ a passeggiarci attraverso.
E’ come stare fermi nella puntata dedicata alla presa della Bastiglia e non riuscire a riavvolgere il nastro.
Gli esempi di architettura e produzione artistica sono in verità trionfali, di una ricchezza e di un’opulenza inimmaginalbili, nelle forme, nei colori, nelle pietre e nei metalli, complice anche il DNA ortodosso di questo territorio.
Insomma la Chiesa del Sangue Versato è difficile da concepire e raccontare. La guardi col naso all’insù e non riesci a fare altro che a scattare una fotografia.
Per non parlare dell’Hermitage.
Lì ho persino chiuso l’obiettivo.
Quando è troppo è troppo.
Forse sarà stata anche la porzione quotidiana dei quasi 3 milioni di visitatori l’anno a scoraggiarmi. Però la quantità di bellezza è davvero difficile da contenere, scremare, archiviare. Insomma non puoi scegliere.
O il Summer Garden. Francamente non so se è stata la guida a inventarsi che sia considerato l’ottava meraviglia del mondo, ma io fatta la tara dello sciovinismo tra le prime 20 ce lo metto sicuro.
Mentre la metro ecco, sì, la metto all’ottava (anzi la farei salire anche di qualche postazione!).
Però a volte hai l’impressione di una prosopopea storica sproporzionata al contesto.
E non è questione di merito, davvero, piuttosto di forma.
Nell’iper-conservazione arriva quell’ennesima mano di stucco fresco sulla facciata barocca che rende il tutto troppo eurodisney, troppo Saint Petersburg in miniatura ecco.
Ed è una questione di canoni estetici. Culturalmente diversi tra popoli.
Qui di quel che c’è se ne vuole fare tanto, e il limite al troppo non è un elemento discriminante.
Corresponsabile anche il giogo del comunismo che per troppo tempo ha tenuto queste zone ai confini del progresso provocando un’ansia da recupero verso il benessere, l’abbondanza e gli stereotipi europei che si respira soprattutto nelle grandi città .
Non è un caso che la festa cittadina per eccellenza, la manifestazione delle Vele Rosse in occasione del Festival delle Notti Bianche di Giugno, sia considerata il raduno più grande di tutta la Russia e attiri ogni anno più di un milione di persone da ogni provincia per celebrare il passaggio di questa imbarcazione, simbolo di fortuna e speranza, da una sponda all’altra della Neva (500 m), attraverso il sollevamento del ponte Troitskij e i fuochi d’artificio.
Tanto ardore e tanto ardire, se si pensa ai km percorsi da centinaia di pullman, per pochi minuti di performance lasciano interdetti.
Se ne avessimo un centesimo, instillato sotto forma di senso civico, partecipazione o attivismo forse il nostro paese sarebbe diverso.
Forse.
Ma siccome non credo nella denigrazione e nei colpi al petto mi focalizzo su quanto posso imparare e portare a casa da questa esperienza.
Quindi, mie care cicale mediterranee, concludo parlandovi di quella spinta al nuovo, al futuro, che si respira nelle giovani formiche russe e nei loro luoghi di ritrovo.
Del Chao-Mama ad esempio. Non chiamatelo B&B vi prego. Piuttosto un Hostel Club, vista la sua dichiarata ispirazione al modello originale di ostello, situato in pieno centro.
Una cucina sociale dal design pazzesco fa da anticamera alla reception in cui i suoi giovani gestori si intrattengono in lunghe chiacchierate con gli ospiti, sempre dopo le 9:30 perché prima dormono facendo tardi tutte le sere.
Tra una dritta turistica e l’altra puoi rubare un waffle belga dalla tavola, mentre gli ospiti orientali mangiano riso e quelli anglosassoni cuociono uova. Così ti può capitare come è successo a me di conoscere Li-Sun, una light-stylist coreana in tour per l’Europa fresca di Salone del Mobile e a San Pietroburgo per una convention di interior design.
La fila per la doccia o per fare la lavatrice la fai in un atrio dove campeggiano una libreria e un biliardino. Tutte le stanze hanno nomi di personaggi storici famosi e se sei tra gli ospiti facoltosi magari hai la fortuna, per 100 euro a notte, di affittare l’appartamento Gagarin. Un vero e proprio loft ultra-contemporaneo con lampade raffinate, una cucina attrezzata con tanto di macchina nespresso, tutti gli accessori necessari al tuo i-phone per funzionare e filodiffondere musica, un bagno tappezzato di istantanee in bianco e nero di divi del cinema, un armadio originale barocco e un monumentale libro sulla storia del balletto russo.
Oppure del Teplo, che significa tiepido perché vuole accoglierti nei suoi locali col calore di una casa. Tre diverse ambientazioni interne, un dehors e due ludoteche, una interna e una esterna.
All’ingresso una macchina per fare le foto come quelle delle stazioni, completamente brandizzata, che ti stampa due copie, una da attaccare alla bacheca degli avventori se vuoi, e una da conservare.
Dentro puoi scegliere se mangiare in ‘salone’, sul sofà accanto alla libreria dove pescare di musica, cibo, racconti per bimbi o arte. Nella sala ‘mappamondo’, dove un planisfero reca tante bandierine quanti messaggi lasciati da chi è passato di qua. O in quella ‘family friendly’, adiacente alla ludoteca, ampia e decorata da tappeti.
I menù sono fatti a mano e uno diverso dall’altro.
Sono album di fotografie. Veri. Di quelli rettangolari piccolini, e hanno la copertina in peltro decorata. Dentro, ad ogni pagina corrisponde un’istantanea d’altri tempi in tema con le bevande o i piatti.
Età media del personale, sorridente, accogliente e fluente in inglese, non superiore ai 25 anni.
Per chi pensi poi che tanto avanguardismo occidentale rischi di diluire le radici c’è il Severyanin. Cucina tradizionale russa, ambiente anche, e se siete fortunati, serata di lettura di poesie. I presenti si alzano a turno e cantano le parole dei padri della loro letteratura. Ma il cirillico non è essenziale. Chiunque può condividere un passo nella sua lingua. Capirsi a volte diventa addirittura secondario.
E se non in uno di questi posti, entrate in qualunque dei locali del centro in cui ci siano giovani. Magari lo avrete raggiunto con le free bikes che trovate in ogni angolo della città .
Guardatevi intorno e vedrete colore, sperimentazione, contaminazione, vedrete bellezza e sete di scambio, spazio per bimbi e adulti, voglia di viaggiare e raccontare.
E se non avete prenotato tranquilli.
A San Pietroburgo c’è posto per tutti.
Questa è una città che occupa un posto speciale nella mio atlante del mondo! Ho trovato molto interessante la tua riflessione su “formiche” e “cicale”… Pensi di tornarci su? Vado a vedermi la gallery di foto, sono curiosissima!
Ci torno e come! Passando per la Sicilia fino ad arrivare agli US! 😉